sabato, gennaio 24, 2015

The Deastman Series









1958, Detroit. La Packard Motor Car Company chiude lo stabilimento che corre lungo la Concord Avenue: fine della produzione. Uno degli stabilimenti più grandi al mondo muore mentre una scritta su un tunnel aereo di giunzione tra due parti del complesso industriale ammonisce fiera: QUALITY FIRST - la qualità, prima di tutto. Nel 1958 è in corso il secondo mandato della presidenza Eisenhower impegnata nella sfida del lancio di satelliti nello spazio con l’Unione Sovietica di Chruscev. A terra, negli ex stati confederati del sud, la segregazione è viva, morde e uccide. Un anno prima era uscito un libro dal titolo On the Road ad opera di uno scrittore trentacinquenne chiamato Jack Kerouac. Parlare di Detroit significa anche capire questo contesto. Il resto può essere solo una sequenza di date, eventi, persone. I disordini del ’67, la popolazione della città che passa da 1,8 milioni a 700 mila persone, la bancarotta da 18 miliardi di dollari nel luglio del 2013. Si possono leggere libri su Detroit - raccomando quello di Charlie LeDuff, ma Detroit va vista e vissuta e la strada offre una prospettiva. Le infinite arterie di cemento dai nomi Woodward, Warren, Gratiot, Jefferson, 6 Mile, 7 Mile, 8 Mile, popolate da fabbricati diroccati, le cui finestre riportano vetri selvaggiamente sfondati o completamente inesistenti, cavi dell’elettricità che penzolano da un palo di legno all’altro per poi cadere in un qualche punto sull’asfalto lasciando così lunghe file di case in uno stato cosciente di demenza urbana, scuole abbandonate elette a patria per qualsiasi genere di situazione umana, negozi dal profondo del secolo passato con insegne che riversano decapitate a mezz’aria, nascondendo lettere dai caratteri retroilluminati stile anni Sessanta, banchi dei pegni che assicurano la sopravvivenza giornaliera o solo il contante per un’altra puntata al tavolo da gioco, chilometri di filo spinato distesi su cancelli che cingono enormi proprietà disabitate, mezzi pubblici che non passano mai con i mancati passeggeri che dannano le amministrazioni colpevoli del fallimento della città nel corso di un’ agonia durata decenni, la free press che si batte per scongiurare la vendita dell’acqua a companies che la distribuirebbero solo a coloro che possono pagare, uomini di tutte le razze che si ritrovano a giocare a dadi nel piazzale di una pompa di benzina in disuso e giovani che si sfidano in gare di ballo a cielo aperto nel retro del parcheggio di un fast-food.
In questo universo di devastazione americana l’elemento di rottura è dato dalla gente di Detroit, con la resistenza quotidiana, con la speranza di risollevarsi e con la richiesta di essere raccontata.


Nota tecnica.

Il titolo The Deastman Series nasce dalla congiunzione della D che deriva da The D, abbreviazione eletta dagli abitanti per chiamare la propria città, con il nominativo della pellicola che ho adottato, la Eastman Double -X, a media sensibilità - 250 asa. I corpi che ho utilizzato sono Nikon Fe e FM2 abbinati ad un ottica fissa 20 mm. La pellicola di matrice cinematografica Eastman Double -X, si differenzia da quelle tradizionali per applicazioni generali, come le 400 asa di altri noti produttori, le quali a fronte di una grande affidabilità pagano una sostanziale uniformità del soggetto ripreso. Condotta in una modalità privilegiante la tempistica, fornisce, sia in fase di sviluppo del negativo ed ancor di più nelle successive fasi di camera oscura e stampa, una notevole differenziazione della tonalità dei contrasti.




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